La maga (non) è Francesca

Ho un’amica che si chiama Francesca, fa la giornalista di viaggi ed è una troppo figa. È una che quando la chiami devi stare attento perché può essere che la peschi in mezzo al deserto del Sahara, oppure in cima a un moai dell’Isola di Pasqua, oppure a fare la sauna finlandese al circolo polare artico.

(Oppure a casa sua, ma è più raro.)

È una che se tu le chiedi: “Come va al lavoro?”, lei ti risponde: “Bene, ieri ho scalato il K2 e domani vado a caccia di tesori nascosti in Amazzonia”.

È una che, se parli di lei agli altri, finisci per sembrare Elio quando canta “Mio cugino, mio cugino” (esclusa, naturalmente, la parte che fa “Mio cugino una volta è mooorto!”).

La mia amica Francesca è di Palermo e ogni tanto vado a trovarla. L’ultima volta è successo poco fa, durante un weekend in cui io non avevo trasmissioni da mandare in onda e lei nessuno sceicco arabo da intervistare. Uscita dall’aeroporto, la raggiungo dalle parti del Teatro Massimo per pranzare insieme.

Eccola là: cappello a falde larghe alla Indiana Jones, zaino vissuto e malconcio da viaggiatrice incallita e l’aria di chi non dorme da giorni per colpa di chissà quale jet lag non ancora smaltito.

Ci scambiamo baci, abbracci, grandi feste e poi – che grosso sbaglio – la decisione di prendere l’autobus per andare nel suo ristorante preferito. Per un attimo, un brivido mi corre lungo la schiena: sono in vacanza, vorrei evitare di finire vittima dei soliti allucinanti imprevisti che mi capitano sui mezzi pubblici.

Poi però penso: sono con Francesca, la Viaggiatrice per eccellenza, la donna che ieri era San Diego, oggi è Katmandu e domani sarà a Johannesburg!

Al suo fianco, non ho nulla di cui preoccuparmi.
Al suo fianco, andrà tutto bene. Per forza.

Saliamo a bordo dell’autobus e ci sistemiamo in piedi accanto alla porta centrale. Mentre le porte si stanno per chiudere e il bus si avvia a ripartire, però, accade qualcosa.

Dall’incrocio in prossimità della fermata vediamo arrivare una signora sulla sedia a rotelle. Non potrei definirla magra, ma ha dei lunghissimi capelli neri che la fanno sembrare un’indiana.

Quasi fosse in una competizione ufficiale, si sta avvicinando a tutta velocità mentre ci chiede a gran voce di aspettarla. Francesca allerta l’autista e si prepara per aiutarla a salire a bordo.

Che grande donna, Francesca! (Non posso fare a meno di pensarlo, visto come ha apostrofato il conducente e come si è sfilata al volo lo zaino per agevolare le manovre… Fossi stata io, a Roma, da mo’ che mi avevano snobbata poi pure calpestata, magari)

Una volta che la signora riesce a salire sull’autobus, rimane accanto a noi.

Vorrà ringraziare Francesca, sarà affascinata anche lei come me dalla sua intraprendenza, penso io.

E invece sbaglio, così come ho sbagliato a pensare che la signora ci stesse inseguendo perché voleva prendere l’autobus.

Non appena riesce a incrociare lo sguardo di Francesca, la signora la inchioda con i suoi occhi neri e profondi. Allunga una mano verso quella di Francesca, gliela stringe e poi le dice queste testuali parole, che mi lasciano a bocca aperta:

“Cara, sono sicura che quello che sto per dirti ti sembrerà assurdo. Ma sappi che non è uno scherzo, che io sono perfettamente lucida e che non ho alcun motivo per prenderti in giro.”

Francesca le sorride, con il savoir faire della donna di mondo che ormai ne ha viste troppe per rimanere spiazzata da un esordio del genere: “Mi dica, signora. Come posso aiutarla?”

“Cara, sono io che posso aiutare te. Quello che sto per dirti ti cambierà la vita per sempre…”

Francesca alza un sopracciglio, ma ancora è visibilmente ben disposta. Si lascia addirittura stringere la mano: “Quand’è così… la ascolto ancora più volentieri, signora!”

“Cara, il mio nome è Oleandra e devi sapere che un tempo ero una maga molto conosciuta, a Palermo.”

A questo punto, fosse capitato a me, mi starei già assicurando di avere ancora portafoglio e cellulare. Trattandosi però della navigata globetrotter Francesca, continuiamo ad ascoltare la signora Oleandra.

“Cara, tu sei una persona speciale.”
“Grazie, ma…”
“Lasciami finire. Per speciale non intendo dire che tu sia molto bella o molto buona. Sicuramente è anche così, si capisce, ma io intendo dire che tu hai dei poteri extrasensoriali.”

(Ok. Io vorrei tanto scoppiare a ridere. Purtroppo, però, non posso. Mi limito a guardare Francesca per capire come risponderà a una rivelazione di questa portata.)

“La ringrazio, signora Oleandra, ma temo si sbagli… Non mi è mai successo nulla che faccia pensare a quello che dice lei.”

Saggia! Astuta! Un genio del male, la mia amica Francesca!

“Questo è quello che pensi tu, cara. Credi di non aver mai avuto visioni, di non aver mai visto il futuro?”
“Beh, no…” Certo, tranne quella volta che è andata a visitare quella fabbrica di automobili ibride a Tokyo, ma questa è un’altra storia.
“Ti sbagli, cara. Ti è capitato, sono sicura che ti sia capitato più volte… Il problema è che la tua mente non è ancora pronta ad accettare questa realtà.”
“Signora, io non credo proprio…”

Francesca non ha avuto problemi con gli indios dell’Amazzonia, con gli sciamani pellerossa e con i bonzi tibetani. Ma, ve lo giuro, di fronte a tanta insistenza sta cominciando a vacillare.

“Signora, non vorrei offenderla, ma temo che lei abbia sbagliato persona…”

Invece Madama Oleandra è sufficientemente convinta del contrario da insistere.

“Cara, quando una persona nasce con un dono come il tuo, può anche resistergli per un po’. Alla fine, però, volente o nolente, ha il dovere di accettarlo, di svilupparlo e di farne tesoro.”
“Signora, mi perdoni… Ma io sono una giornalista, non posso mica mettermi a volare o a passare attraverso i muri!”

(Visione un po’ alla Harry Potter, quella di Francesca. Io in realtà stavo pensando più allo svulazzamento di Diego Abbatantuono nei panni del Mago di Segrate, ma sono punti di vista… e intanto continuo ad accertarmi che il portafoglio e il cellulare siano ancora al proprio posto.)

“Cara, mi rendo conto che accettare il dono che porti dentro può far paura. Ma so anche che prima o poi smetterai di fuggire e ti trasformerai nella creatura che sei destinata da sempre a diventare.”

Vedi che Francesca sta sempre avanti?

Effettivamente, Harry Potter era il paragone giusto. Tra altri cinque minuti, secondo me, Oleandra le fa spuntare anche una cicatrice sulla fronte.

“Oleandra, io sono già diventata quello che volevo… Faccio il mestiere più bello che ci sia, giro il mondo, conosco tante persone da cui imparo sempre tanto… A me non serve altro, mi creda.”

Oleandra le fa un sorriso che la metà basta e le stringe la mano ancora più forte.

“Oh! Lo vedi che avevo ragione io?”, le dice.
“Eh?”, fa Francesca.
“Eeeh?”, faccio io.
“Quello che hai appena detto” – continua Oleandra – “è la più grande dimostrazione di ciò che voglio farti capire. Tu sei fatta di luce, porti gioia alle persone e per questo in tanti ti vogliono bene. Puoi anche provare a ignorare la chiamata del tuo potere, ma non ci riuscirai mai fino in fondo.”

Per quanto altro Francesca riuscirà a sostenere questa conversazione senza risultare sgarbata?
Per quanto altro, soprattutto, riuscirò a non scoppiare a ridere?
Per fortuna, siamo quasi arrivate alla nostra fermata.

“Grazie, Oleandra, ma ora noi dobbiamo scendere.”
“E allora ti saluto, cara, ma già so che non dimenticherai le mie parole.”

A giudicare dallo sguardo allibito di Francesca… direi proprio di sì, signora Oleandra.

Io, però, un’altra controllatina al portafoglio e al cellulare gliela do comunque. Sta’ a vedere che Oleandra la magia ce la fa proprio all’ultimo!