La ricerca della felicità

Per attutire le tensioni lavorative dovute a una mattinata un filo sopra le righe, a volte andare a pranzo fuori è una buona idea. A sorpresa e involontariamente, finisco per scegliere lo stesso ristorante in cui ha deciso di andare anche Gabriele Muccino con la sua agente, seduta a un tavolo da cui mi ritrovo costretta a guardarlo in faccia ogni volta che alzo la testa dal piatto.

Sarà che il suo sguardo non è molto espressivo, sarà che i miei sono gli occhi di un’osservatrice esterna e inesperta, sta di fatto che con il buon Gabriele qui di fronte, può risultare difficile intuire se stia guardando proprio me o se piuttosto i suoi occhi siano persi nel nulla verso l’infinito e oltre.

Il risultato è che, per tutto il pranzo, mentre la conversazione tra commensali si accende e non poco, cresce implacabile in me il sospetto che il caro Gabriele possa avermi notato per il suo prossimo film.

(Lo sguardo da triglia, a volte, può essere veramente difficile da interpretare… soprattutto considerando il fatto che Gabriele e la sua agente non fanno altro che parlare al telefono per organizzare la proiezione del nuovo film in uscita, pronunciando più di una volta il nome Russell, cosa che mi inficia non poco il giudizio)

Nel giro di pochi minuti, mi ritrovo a pensare mille cose contemporaneamente, cercando di non farmi sgamare dal mio commensale: conto i gradi di separazione che mi separano da Muccino, inizio a bisticciare mentalmente con le mie amiche su chi si prende Gerard Butler e chi Will Smith, depenno appuntamenti dall’agenda per potermi presentare a questo fantomatico provino che – nella mia testa – è ormai realtà da un pezzo. Soprattutto, infine, quando insieme ai miei commensali mi alzo per andare a pagare il conto, prima di lasciare la terrazza su cui ci troviamo e di scendere al piano terra, controllo che si sia alzato anche Muccino. Effettivamente, si è alzato.

Mentre scendo le scale, mi assicuro che lui sia giusto qualche scalino dietro di me. Effettivamente, si trova proprio lì.

Quando mi avvicino alla cassa, Muccino è ormai a pochi passi da me: lo guardo negli occhi e aspetto che sia lui a iniziare a parlare. Ed effettivamente, lui parla.

Alza la mano come per l’attenzione e dice: “Giulia!”.
Giuro. Ha detto: “Giulia!”.

Ora, a questo punto, l’unica ragione per cui non rispondo è che in fin dei conti non voglio assolutamente una parte nel suo prossimo film, ma mi piacerebbe comunque sapere perché mi stia chiamando per nome.

Ci metto poco a scoprire che Giulia è la sua assistente, che lo sta aspettando fuori con il cellulare in mano. Forse in linea c’è Russell che lo vuole salutare, penso mentre scoppio a ridere.

E Gabriele mi guarda con la stessa espressione da triglia con cui prima voleva offrirmi una parte. O almeno, così pareva a me.