Metro’s got talent: Lo Scollettivo Metropolitano Primo

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Metro’s got talent: Lo Scollettivo Metropolitano Primo

Sulle orme di Italia’s Got Talent, Giulia sotto la metro diventa giudice di una particolare sezione dei casting: quelli lungo i binari della metro A. Per sapere chi degli aspiranti concorrenti arriverà in finale… restate con noi!

Scollettivo Metropolitano Primo” – Categoria: musicisti

Sono due, entrano in scena senza strumenti visibili, si piazzano al centro del vagone e si presentano, con voce ferma e atteggiamento cordiale ed entusiasta. Dei due, l’uno parla, l’altro lo supporta con del coinvolgente beat-box. Improvviseranno per noi un rap, ci spiega il ragazzo alla voce, e tutto quello che ci chiedono in cambio è una parola: un input, come si dice nel gergo dell’improvvisazione teatrale, che fornisca loro lo spunto su cui basare la performance.

“Interessante” appunto nel mio taccuino mentale da brava giudice di questo talent. “Chissà che ne penserebbero i miei più illustri colleghi, ma per me l’idea merita attenzione”.

Consapevoli di aver attirato l’interesse dei passeggeri, i ragazzi iniziano a scrutare il loro pubblico per capire – e questo è probabilmente il momento più delicato dell’esibizione – a chi chiedere l’input. “Signore! Sì, lei con il cappello e il cappotto…” Il signore in questione, che avrà forse ottant’anni, guarda in cagnesco il nostro eroe metropolitano e poi si volge altrove.

“Pessima scelta, amico mio” continuò ad annotare. “Potrebbe compromettere l’esibizione e potrebbe costringere me a schiacciare il temuto pulsante rosso”.

“Su, caro signore: non sia timido!” continuano i nostri artisti in gara.
“Mi vuol dire la prima parola che le viene in mente?”
“Addio.”

E sia. Il signore ha accontentato l’amico rapper.
Mo’ vojo vedè come se mette.

Il ragazzo tossisce, un po’ per schiarirsi la voce e un po’ per dissimulare l’imbarazzo della doccia fredda: “D’altronde” proseguo nei miei appunti mentali, “gli deve essere capitato ben di peggio, qui sotto. Se è bravo, non si ferma. Se vale, mi convincerà a non schiacciare il pulsante”.

Il rapper prende la postura dinoccolata e molleggiante tipica della sua forma d’arte, inizia a gesticolare e parte con l’improvvisazione. “Addio” dice con voce gelida, guardando dritto negli occhi il signore. Poi con maestria attoriale scioglie la durezza in un sorriso trascinante e parte senza fermarsi più. “Ciao, signore amico mio…” e si lancia in un’invettiva contro la società, la diffidenza delle persone, il lavoro che non c’è è pure il governo ladro a causa del quale spesso piove.

Ritmo serrato, beat-box impeccabile, gestione della platea convincente e anche un buon riscontro economico in spiccioli alla fine della performance.

Prima di scendere dal vagone alla fermata in arrivo, i ragazzi guardano negli occhi il signore con il cappello e il capotto: lui se ne accorge, esita ma alla fine gli sorride. E se sorride lui, io non posso che appoggiare l’esibizione.

Per Giulia sotto la metro, questo è un sì.