I Fantastici 4 & Giulia sotto la metro

Domenica 30 ottobre, ore 12:15.

Tarda mattinata di uno splendido esemplare di ottobrata romana, poco prima dell’ora di pranzo: va tutto bene, è tutto perfetto. Ergo, buttiamola un po’ in caciara prendendo i mezzi pubblici, no?

(D’altronde, la coerenza nella vita è importante.)

Alla fermata del 714, quella davanti all’ospedale di San Giovanni, mi accoglie una folla di incazzosissima gente che già da tempo attende la vettura latitante. Paura? No, già passata: è domenica, a ridosso del ponte dei morti, ora di pranzo, parliamo del 714… insomma: non so come mai siano tanto incazzati gli astanti, ma vi giuro che se avessi trovato l’autobus ad attendermi con il motore rombante mi sarei preoccupata e, nel dubbio, sarei corsa a Lourdes a rendere grazie a chi di dovere.

L’attesa dura circa venti minuti, nei quali sfoggio tutte le competenze di yoga, pilates, meditazione e paccottiglia zen in mio possesso per non perdere il karma positivo che ha dato il la a questa giornata: ripeto tra me e me parole chiavi (spero) determinanti… ottobrata… sole… domenica… relax.

Al suo arrivo, il 714 si presenta nella versione ridotta a un solo troncone e stracarico al punto che entrare si rivela subito impossibile: ci provo, spingo, sgomito, chiedo a chi è già dentro di fare un passo indietro come facevamo da ragazzini in discoteca ma è tutto inutile.

Le porte dell’autobus si chiudono contro il mio naso e io dico istantaneamente addio alla prima delle quattro parole chiave del karma de Sto Ciufolo.

Relax? Dopo questo esordio, te saluto e sòno.

Per fortuna, però, è ancora un’assolata domenica di fine ottobre a Roma.

Già che sono bloccata qui, per strada davanti all’ospedale, e che Dio solo sa quanto altro dovrò aspettare, finisco a fare quello che faccio sempre in questi casi. Mi guardo intorno per vedere che faccia hanno i miei compagni di sventura.

C’è una signora di mezza età, piccolina ma agguerrita, che sbraita contro l’ATAC e anche un po’ contro l’universo mondo perché secondo lei non era il caso di far circolare le vetture in versione ridotta. Anche se è domenica, questa la tesi con cui sta evangelizzando una dolce ragazzina bionda e uno stremato signore in là con gli anni, la gente i mezzi li prende ugualmente e c’è bisogno dei bus lunghi.

In effetti, visto che stiamo qua in attesa ormai da mezz’ora, dàtele torto.

Non faccio in tempo a elaborare questa considerazione, che da Piazza San Giovanni vedo avvicinarsi una vera e propria processione di tanti, ma tanti giovani fedeli. Alla guida del corteo, c’è un sacerdote che sorregge una enorme croce dorata camminando lentamente verso  di noi.

“Oddio!” urla la signora e non è per colpa di una crisi mistica. Si tratta di panico vero. “Se devono prendere l’autobus pure loro… non entreremo mai più!”

(La sola prospettiva mi priva all’istante di almeno un paio di anni di vita e cancella all’istante la seconda delle mie parole chiave zen: solo a Roma possono succedere cose del genere, che cazzo! Però, va detto, mi rimangono ancora gli effluvi taumaturgici del sole, della domenica e dell’ottobrata.)

Grazie al cielo – e stavolta è realmente il caso di dirlo – la processione procede a valle lungo via dell’Amba Aradam e ci lascia ad attendere per altri venti minuti un nuovo autobus che, quando arriva, è naturalmente in versione ridotta e stracolmo esattamente come il suo compare di poc’anzi.

Quello che è cambiato, nel frattempo, è il nostro atteggiamento: rispetto a quasi un’ora fa, siamo incazzati neri e non abbiamo intenzione di accettare una seconda débacle, pronti a puntare verso l’infinito e oltre, sfoderiamo gli occhi della tigre e ci prepariamo a scatenare l’inferno non appena l’autista aprirà le porte della vettura.

Siamo noi quattro contro il mondo: la Signora Combattiva, la Dolce Ragazza Bionda, lo Stremato Signore in là Con gli Anni e io… Giulia Sotto la Metro, eccezionalmente solo per oggi nei panni di Giulia Fuori dall’Autobus.

I Fantastici 4 ci fanno un baffo, per non dire altro.

La prima a sfondare il muro dei passeggeri già a bordo è la Signora Combattiva, che avanza lancia in resta fino a impattare con il Teutonico Statuario in piedi accanto all’autista: “SignoRHa, Foi non poteRHe saliRHe.” Il suo italiano è ridicolo, ma i Fantastici 4 capiscono al volo l’antifona. “Qvi no posto peRH Foi.”

“Sì, ‘sto cazzo.” Gli dice a sorpresa la Dolce Ragazza Bionda, che inizia a spingere e a sgomitare come fosse stata improvvisamente posseduta dal demonio in persona. Noialtri la seguiamo a ruota, evidentemente in cerca di una tipica rissa alla Terence Hill &  Bud Spencer (che Dio lo abbia in gloria!).

Rimaniamo compatti, combattiamo su più fronti schierati in una sorta di falange macedone all’amatriciana, smadonniamo quando serve, chiediamo scusa se è il caso e ci fermiamo solo dopo aver preso possesso di un sedile libero (che lasciamo, senza neanche dibattere, allo Stremato Signore in là Con gli Anni) e averne circondato la zona circostante.

È ancora domenica, è ancora ottobrata, ma io sono talmente piccola e le persone accanto a me talmente alte che il sole al momento me lo posso pure scordare. Vedo solo teste, teste e teste ma non è un problema: ora faccio parte di una squadra di supereroi, ho conquistato un presidio che devo proteggere e dovrò trovare la forza soltanto nelle ultime due parole chiave zen che mi sono rimaste.

(“Domenica di ottobreee! Yattaaaa!” come lo vedete come grido di battaglia?

Fa cagare, lo so pure io.

Ma non me lo dite, sono così adorabilmente fomentata e le avventure oggi non sono ancora finite!)

Giusto un passo fuori dal cerchio magico della nostra falange armata di insulti e tanta buona volontà, vediamo chiaramente profilarsi una temibile minaccia che ingenuamente qualcuno di noi riteneva estinta.

Direttamente dagli anni ’80, dopo l’Autobus Ristretto e il Teutonico Statuario ecco giungere il terzo nemico di oggi: il Maniaco Tentacolare.

Proviene dal sud-est asiatico, a occhio (anzi, a naso) non vede una doccia da diversi mesi e non ha il minimo scrupolo a strusciarsi con voluttà contro una ragazza di medesima provenienza che, per sfuggire all’orrido contatto, finisce incastrata fra due sedili.

Non saprei valutare se il Maniaco Tentacolare smette di molestare perché non sa come raggiungere fisicamente la sua vittima o piuttosto perché lo sguardo intimidatorio dei Fantastici 4 lo paralizza dal terrore, ma ogni supereroe che si rispetti non ha certo il tempo per rispondere a interrogativi filosofici di questa caratura. I veri supereroi devono essere sempre pronti ad affrontare il prossimo nemico che, come da manuale, non tarda a palesarsi.

Mentre nei pressi della porta centrale quattro Signore Eritree Urlanti emettono suoni sconnessi e disturbanti semplicemente perché devono intercettare il percorso del 130 non sanno a quale fermata scendere, alcuni individui provano ad aiutarle.

“Dovete scendere a Piazzale dell’Agricoltura.” Dice il primo.

“Macché, la fermata giusta è quella subito prima!” Dice il secondo.

“Scherzi? Devono scendere a quella subito dopo!” Dice il terzo.

“E allora fàmole scendere a Piazzale dell’Agricoltura, si semo tutti d’accordo.” La voce appartiene al nostro Stremato Signore in là Con gli Anni il quale, dall’alto della sua senile saggezza, ha trovato il modo migliore per dirimere la controversia. “In medio stat virtus, no? ‘O diceva pure Ovidio, che come tutti sanno era mi’ nonno…”

(Pure di nobili natali, il collega. Hai capito, sì?)

Un’altra vittoria per i Fantastici 4: dopo aver preso posto a bordo dell’Autobus Ristretto, annientato il Teutonico Statuario, annichilito il Maniaco Tentacolare e salvato le Signore Eritree Urlanti, mi congratulo con me stessa per non aver perso lungo la strada ulteriori parole chiave zen.

È ancora domenica, è ancora ottobrata.

Ma ancora per poco: a Piazzale dell’Agricoltura, dopo aver richiuso le porte alle spalle delle Signore Eritree Urlanti, l’autobus si pianta. Non riparte e il tutto è talmente improvviso da farmi pensare che qui rischiamo di farci notte.

Ovvero, di sforare da domenica a lunedì.

Ovvero, addio alla terza parole chiave.

Mi è rimasto solo ottobre. Forse.

Nel panico generale di un autobus intento a metabolizzare la propria, subitanea e imprevista impasse, i Fantastici 4me inclusa – si accorgono che, da fuori, qualcuno sta battendo sempre più forte sul vetro della vettura. I colpi provengono dalla zona vicino alla porta centrale dove, fino a questo momeno non ce ne siamo accorti, è rimasta una delle Signore Eritree Urlanti; è per chiamare lei e per dirle di scendere dal maledetto bus, che le tre amiche dalla strada stanno facendo tutto ‘sto cazzo di casino… anche se lei a dargli retta non ci pensa proprio.

I Fantastici 4 si guardano e non sanno che pesci prendere: l’autobus è fermo e non riparte, le Signore Eritree Urlanti urlano come se non ci fosse un domani, dalle retrovie della vettura iniziano a partire i primi cori di protesta contro l’autista che però a livello artistico farebbero la loro porca figura anche in curva prima di un calcio di rigore avversario. Come se non bastasse tutto ciò, all’improvviso si profila l’ultimo nemico della giornata: la Folle Millantatrice.

“Lei non si muove da qui, caro il mio autista, se prima non risolve il mio problema alla gamba!”

“Ma quale gamba, signò? A me, me pare che sta a camminà tanto bene…”

“Ma che ne vuol sapere, lei? Mica è un dottore!”

“Ecco, brava, signò. Io nun so’ ‘n dottore, perciò si se vò curà chiami l’ambulanza ché fa prima!”

(Eccone un’altra che ha deciso di scroccare i soldi al Comune, simulando un problema fisico nel bel mezzo di una situazione controversa. Illusa. Non so dire se il termine giusto per lei sia più “pena” o “tenerezza”, ma sicuramente la ringrazio perché è l’unico nemico dei Fantastici 4 che ad essersi messo in fuori gioco da solo. Uff.)

Mentre tra me e me, inizio a pensare che forse quest’autobus non ripartirà mai… che sarò costretta a rimanere qui per chissà quanto tempo… e che se ci rimango per 48 ore poi il mese di ottobre finirà e avrò perso anche l’ultima delle mie specialissime parole chiave zen. In quel momento, però, sento la Signora Combattiva commentare con la Dolce Ragazza Bionda: “Certo che sembra di stare nel bazar di Istanbul, eh?”

La risposta della ragazza suona a dir poco inaspettata: “Signora, sa cosa dice Moni Ovadia?”

“No. Cosa?” (In effetti, ora lo voglio sapere anche io.)

“Dice che siamo tutti mediorientali perchè discendiamo da Enea che era turco!”

Di fronte a cotanta argomentazioni, la Signora Combattiva va visibilmente in brodo di giuggiole, condivide, argomenta con calore e infine aggiunge: “E poi Moni Ovadia è anche bello!”

Così come me, la Dolce Ragazza Bionda si astiene dal commentare l’ultima esternazione: io perché non voglio contraddire nessuno, lei perché deve rispondere a una chiamata telefonica da cui si evince che è più che in ritardo per un lavoro domenicale senza compenso previsto.

Tutto sommato, meglio se non mi lamento: io sto andando a pranzo da mia zia e mi è rimasta persino l’ultima delle parole chiave zen.

Poteva andare peggio.

Poteva piovere.

(Tratto da una storia realmente accaduta a Tiziana P., lettrice di “Giulia sotto la metro”.)