5 nemici da sconfiggere in metropolitana

nemici da sconfiggere

5 nemici da sconfiggere in metropolitana

Ovvero ci vuole studio, applicazione e costanza per sconfiggere coloro che separano il viaggiatore metropolitano dal suo posto a sedere.

1) La schiera dei ministeriali abbrutiti

Privi di senso civile, annebbiati da anni di servizio pubblico, annichiliti da pile e pile di scartoffie che non riescono a sbrigare perché sempre troppo impegnati a prendere caffè e a fare la spesa nelle ore di servizio, costoro partono da un principio fondamentale: tu hai torto, loro hanno ragione.

E infatti è così: neanche un professionista sarebbe in grado di scalfire il loro abbrutimento egoista, neanche un ultracentenario col girello riuscirebbe a muoverli a compassione fino a farli alzare dal loro sedile. Perché stanno aspettando la pensione, l’aspettano in ogni singolo istante della loro vita e nel frattempo vogliono sopravvivere.

Ergo, il posto è loro e non glielo freghi, cazzo!

2) Lo sciame dei turisti

Abituati a standard di civiltà metropolitana che noi non possiamo neanche sognare, nella jungla della metro capitolina non ci provano neanche a rubarti il posto a sedere, perché hanno seri problemi a fare qualsiasi cosa: rimangono impalati per ore dinanzi all’elenco delle fermate per capire dove dirigersi…

(Ma cazzo – pensi tu – ci sono più linee di metro a casa tua che pile di panni da lavare a casa mia, sei abituato a masse oceaniche di gente che sfrecciano alla velocità della luce tra uno snodo e l’altro… e non riesci a fare tre fermate da Spagna a Termini? Ma che sei, di legno?!)

Riescono puntualmente a farsi fregare il portafoglio dallo zingaro di turno…

(Ma santa madonna, allora ve la cercate! Vedi uno con un cartone davanti che urla come un ossesso frasi incomprensibili e tu gli sorridi dicendo: “Oh, what a lovely kid”? E diamoci una svegliata, nel nome del signore!)

Sono capaci di mettersi a parlare per ore a qualsiasi connazionale che incontrino, generalmente davanti alla porta di uscita e tendenzialmente quando devi scendere tu.

(E va bene la fratellanza, va bene il villaggio globale, ma quando vengo io a casa tua e – puta caso – mi metto dal lato sbagliato della scala mobile, vedi come ti incazzi!)

La verità, però, in fin dei conti è che non importa quello che fanno questi poveri turisti: tu li odieresti comunque perché loro stanno in vacanza e tu no, loro hanno visto il Colosseo e tu le solite facce del lavoro e quindi si ritenessero fortunati se – quando ti chiedono come arrivare a Fontana di Trevi – tu gli indichi la direzione giusta e non quella per andare affanculo.

3) L’orda di studenti

Sonnambuli, concentrati sul compito di greco, sull’interrogazione di fisica o su come saltare la scuola senza essere beccati, non solo non hanno intenzione di farvi sedere: la maggior parte delle volte cercano proprio di non farvi salire.

Fior fiori di scienziati hanno a lungo cercato il modo per divulgare il concetto per cui “se tu rimani impalato sulla porta io non posso entrare, scendi un attimo, fammi passare e poi risali”.

Perle ai porci, energie sprecate, datemi retta. L’unica speranza che avete è di trovare una spranga e di cominciare a colpire alla cieca, o eventualmente di rinunciare e prendere la prossima metro.

4) La Vecchietta

La nemesi numero uno del viaggiatore metropolitano, il mostro finale di un videogioco che si snoda in ventisette livelli da Battistini ad Anagnina e viceversa, ti mostra adorabile la sua dentiera nuova di zecca – o in alternativa la sua scacchiera fatta di placche d’oro e spazi vuoti – e aspetta che tu cada nella sua trappola. Non appena ti vede vacillare al pensiero di cederle la seduta, lei ti spintona con una forza che dio solo sa da dove l’ha presa e si siede al posto che tu eri sicuro di occupare fino a pochi istanti prima.
 Dopodiché ti guarda con aria impunita, sospira e poi inizia a parlare da sola, proferendo spiegazioni che nessuno le ha richiesto:

“Ah, che deve fare una povera vecchia per andare a fare la spesa!” (Andarci a piedi sotto casa, per esempio?)
“Ah, ’sti giovani di oggi! Nessuno che ti ceda il posto…” (Ma chi te l’ha detto? Bastava chiedere, non c’era bisogno di infliggere ferite multiple, che cazzo!)
“Ah, piove, governo ladro!” (Pure! Ma non ci provare con la storia della mezza stagione, ché ti metto una mano al collo e comincio a stringere, come minimo.)

5) Il posto libero

È lui il nemico più grande: l’obiettivo da raggiungere a un passo dal suo raggiungimento.

Nikefobia, la chiamano i commentatori sportivi, intendendo quel cagotto mediorientale a fischio che ti coglie proprio un attimo prima di tagliare il traguardo e che ti impedisce di finire la corsa. Potreste distrarvi sul più bello, potreste voler cedere il posto a qualcun altro, potreste pensare: “Vabbè, ma tanto siamo quasi arrivati…”.

Ecco. No, per favore! Per sconfiggere queste pericolose tentazioni, a voi la ricetta definitiva.

Mentre il convoglio si ferma, iniziate a scrutare dai finestrini chi potrebbe essere più vicino alla propria fermata: chi non sta leggendo, chi non ha il cellulare in mano, chi traffica per radunare i propri effetti personali. All’apertura delle porte, insinuatevi fra la folla come un grissino nel tonno Rio Mare e piantatevi con fare volitivo davanti alla vittima designata.

Non appena il soggetto si alza, avvitatevi al suo corpo come un fusillo Barilla per far sì che, mentre costui solleva le sue natiche dal sedile arancione, le vostre siano già pronte a scivolarci sopra.

Se passano pochi secondi dal primo contatto fisico, il posto viene conquistato senza ombra di dubbio. Se non si è rapidi a sufficienza, si rischia di perdere.

E, in quel caso, non vi rimane che l’insulto libero, la rosicata frustrante o la speranza che a Termini qualcun altro scenda. Ma se quella è l’ultima carta che avete in mano, allora il consiglio è di giocare il jolly: giù di botte!

(E ricordatevi: la prima regola del Fight club è non parlare del Fight Club… quindi, detto questo, passo e chiudo).