I DIECI COMANDAMENTI METROPOLITANI – QUINTO

QUINTO COMANDAMENTO:

NON CANTARE AD ALTA VOCE

Sarà perché sono arrivata a Lepanto in fretta e furia, sarà che ho fatto appena in tempo ad accasciarmi sul primo posto libero a disposizione, fatto sta che non me sono accorta subito.

Ma poi quando il brano reggaeton di dubbio gusto ha raggiunto un livello di decibel poco adatto a un vagone della metro (e in generale a un qualsiasi luogo chiuso) non ho potuto fare a meno di chiedermelo: “Ma chi è che sta scatenando tutto ‘sto circo?”

L’interrogativo trova risposta nel momento in cui mi giro alla mia sinistra: davanti a me c’è un gruppetto di russi che appaiono come una specie di famiglia Addams un po’ più grassa e fashion, accompagnati da una ragazza di chiare origini latinoamericane con tanto di poncho a frange d’ordinanza. Si dimenano tutti a ritmo del brano che fuoriesce a volume da stadio dal tablet di uno di loro e si divertono talmente tanto da farmi temere che questo momento non finirà mai.

E invece – tanto per cambiare mi sbaglio – finisce un attimo dopo, quando finisce la canzone. Ma come dice Ligabue, amici miei, il meglio deve ancora venire.

Dopo qualche istante di pausa, il tablet fa partire la canzone successiva di questa temibile playlist della quale preferirei non sapere mai il nome: si tratta di Walk this way degli Aerosmith insieme ai Run DMC e il fatto che sia un brano che mi piace moltissimo non cambia la gravità della situazione.

Quello che di tutta la congrega russa sembra il capofamiglia, si schiarisce la voce e inizia a cantare. O meglio a rappare (...non vorrei mai mancare di rispetto alla mezza dozzina di catene con croci e brillanti che porta al collo, che qualcosa staranno pur a simboleggiare!)

E la sa tutta, amici miei: la canta con una prosopopea maliziosa tendente all’alcolico che trasmette benissimo tutti i volgari doppi sensi che il testo – se lo conoscete, sapete bene cosa intendo – non risparmia a nessuno.

Sarà forse per questo che, arrivati alla metà del brano e quasi alla sordità di buona parte degli astanti, la metro si blocca con le porte aperte in quel di Spagna?

Sarà forse un tentativo da parte della divinità del trasporto pubblico di salvarci tutti?

Mi piace pensarla così, soprattutto perché dopo qualche istante di stallo, la famiglia Addams con pseudo-messicana al seguito decide di scendere e probabilmente andare a cantare in superficie. Beati loro, ma anche beati noi perché – ...tiè, becca! – una volta usciti loro la metro riparte.

Arrivati a Manzoni, però, inizio a pensare che oggi sia il giorno di StraFactor sotto la metro: la metro continua ad andare avanti a singhiozzo, le porte continuano ad aprirsi e chiudersi a loro piacimento e sono in molti a spazientirsi, a cominciare da un gruppo di militari che hanno iniziato a picchiare i pugni sui vetri del vagone. Sono costanti, marziali e tengono il ritmo che è una bellezza, al punto che una signora di mezza età, dall’abito dimesso e dall’aria che a Versailles definirebbero come minimo scojonata inizia a cantarci su.

Sì, canta pure lei. E canta fiera un Vasco Rossi d’annata personalmente rivisitato:

Batti sul vetro per fare rumore

ti addormenti in metro

e ti risvegli in galera!

Ovviamente, sul poetico adagio la metro si ferma per l’ennesima volta e tirando le somme di questa movimentata corsa, non posso far altro che scolpire nella roccia il quinto dei miei 10 comandamenti metropolitani:

NON CANTARE AD ALTA VOCE

(…ché poi si ferma la metro.)