TERZO COMANDAMENTO:
DAI SEMPRE RETTA A TUA MADRE
A volte, prendere la metro di pomeriggio può essere piacevole: c’è posto, le persone sono meno aggressive e poi ci sono le mamme con i loro allegri bambini che tornano da scuola.
Nel mio caso, mentre sono seduta in quel di Furio Camillo e attendo una vettura che mi porti a prendere un tè a Lepanto con un paio di amiche, le mamme in arrivo sono due come i loro figli in età da scuola elementare. Camminano appaiati, le signore davanti e i pargoli subito dietro: uno dei due però si muove in maniera scomposta, intestardito nel voler camminare con entrambi i piedi sulla riga gialla ai margini della banchina. Così facendo, urta spesso l’amichetto e a volte rischia persino di farlo cadere di sotto.
“Ettore, smettila!” Lo riprende la madre. “Se continui così, Filippo si fa male!”
Il piccolo funambolo se ne sbatte delle raccomandazioni genitoriali e prosegue beato su quella linea gialla che proverbialmente non si deve oltrepassare, perché altrimenti si rischia la fine che Filippo potrebbe fare da un momento all’altro. Il poverino – non essendo scemo – cerca la sopravvivenza spostandosi verso l’interno, ma l’amico ha deciso di reggersi al suo zainetto e non intende mollarlo; come se non bastasse, terminato il primo exploit di senso del dovere dallo scarso successo, la madre ha smesso di rimproverarlo.
(Se qualcuno gli intimasse di smettere ora, c’è da scommettere che il piccolo risponderebbe: “Ma perché cazzo dovrei smettere di fare il coglione, se neanche mia madre tenta di fermarmi?”)
Ora. Secondo il noto principio per cui chi si fa i fatti suoi campa cent’anni, di fronte a tutto questo la mamma di Filippo ha mantenuto la calma per un po’ – probabilmente sperando che Ettore si annoiasse PRIMA di riuscire a buttare suo figlio giù dalla banchina – ma di fronte all’ennesima provocazione alla fine cede e si rivolge all’amica.
“Cara, dì qualcosa a Ettore: ha appena dato un calcio a Filippo e non mi sta bene!”
“Ma che stai dicendo” risponde l’altra. “Non è possibile, Ettore non lo farebbe mai!”
“Ti dico che lo ha appena fatto… lo hai visto anche tu.”
“Non l’ho visto: stavo parlando con te. Tu, piuttosto, come hai fatto? Con la vista posteriore?”
Tali figli, tali madri: nessuna delle due ci sta a perdere lo scontro verbale, che è ormai diventata una palese protesi dello sconsiderato momento circense dei figli.
…Come ti permetti di accusare mio figlio ingiustamente?
…Mio figlio poteva morire!
…Sei una cafona maleducata!
…Domani dico alla maestra di cambiarli di banco!
La conclusione della storia è che forse sarebbe stato meglio arrendersi da subito all’evidente impossibilità di gestire la questione educativa. Questi quattro feroci scambi da fondo campo che neanche a Roland Garros mettono fine, nell’ordine:
a un piacevole pomeriggio di svago;
a un’amicizia tra piccoli e una tra adulte;
al mio divertimento di quest’oggi;
alla quiete nella chat di WhatsApp delle mamme di una classe elementare romana.
Con questa consapevolezza, non posso far altro che scolpire nella roccia il quarto dei miei 10 comandamenti metropolitani:
DAI SEMPRE RETTA A TUA MADRE
(…prima che sia lei a dare retta a te.)