DAY 5 – Misteri inspiegabili

Nel resoconto vacanziero, il quinto giorno meneghino passerà alla storia come quello delle robe assurde:

quelle ai confini della realtà che a Roma spesso sono all’ordine del giorno, quelle che come Fox Mulder ti spingono a dire I want to believe, quelle a cui cercherai una spiegazione per tutto il resto della tua vita.

(O almeno fino a quando non ti capita una roba ancora più assurda che ti faccia dimenticare la precedente. E può succedere.)

Il primo accadimento che mi lascia quantomeno perplessa si verifica sulla banchina di Zara (sempre linea gialla, ma forse ormai lo avrete imparato anche voi): nel minuto in cui attendo l’arrivo della metro, mi lascio catturare dall’ipnotica sequela di immagini in onda sul monitor appeso davanti ai miei occhi.

È identico a quelli che abbiamo a Roma, stesso marchio di fabbrica, stesso tipo di contenuti e trasmissioni. Eppure qui, tra l’oroscopo e le notizie di (dubbia) attualità, all’improvviso mi rendo conto di essere all’ascolto di un servizio che spiega come usare correttamente un cellulare, ricorda di non tenerlo troppo tempo vicino all’orecchio perché potrebbe far male alla salute e che è buona educazione parlare con toni moderati: in una città in cui ovunque cartelli ti ricordano persino di alzarti e cedere il posto a chi ne ha più bisogno, questo non mi stupisce. Quello che mi stupisce sul serio è che il servizio consiglia di non parlare al telefono mentre si sale a bordo del vagone, perché si rischia di inciampare (il proverbiale mind the gap britannico, per capirci) e di farsi male. Non so se rendo l’idea della sottigliezza del dettaglio, ma soprattutto vorrei capire una cosa: ma se la società che si occupa – per così dire – è la stessa che abbiamo anche a Roma, ma perché accidenti non le facciamo pure noi ‘ste cose socialmente utili?

Per l’amor di Dio, non mi dite che non ne abbiamo bisogno, perché lo capite pure da soli che non sarebbe il caso.

Continuo a rimuginare sulla questione irrisolta per tutto il tragitto da Zara a Centrale, dove non scendo (devo arrivare fino a Duomo) e dove mi ritrovo a fissare un insolito tipo che passa davanti al finestrino. E’ calvo, tatuato, indossa un paio di auricolari wi-fi e ha in mano un cellulare con cui sta facendo dei video.

Di cosa?

È questo il dettaglio X-Files della scena: sta riprendendo le persone allineate davanti alle porte dei vagoni, in paziente attesa di entrare. Da quello che riesco a vedere, documenta accuratamente tutte le singole file e vorrei tanto sapere a cosa gli potrebbero mai servire queste immagini o in che modo abbia intenzione di montarle.

(Magari è di Roma, penso a un certo punto, e le sta raccogliendo per portarle a casa e farle vedere a tutti quelli che sono convinti a che a bordo della metro si entra caricando all’impazzata come una mandria di bisonti nelle selvagge praterie del vecchio West. Mi viene il dubbio che forse servirebbe a qualcosa… ma temo di no.)

Di fermata in fermata, di dubbio in dubbio, priva di risposta alcuna finalmente arrivo a Duomo; una volta scesa, mi attardo sulla banchina a rispondere ad alcuni messaggi e raggiungo così il culmine delle inspiegabilità della giornata.

Mentre ripongo il telefono in borsa, vedo il primo vagone del treno in arrivo fermarsi proprio davanti a me: dalla cabina di guida, esce un conducente. Mi passa davanti, attraversa la banchina, svanisce tra la folla e non ritorna più.

Neanche quando il treno riparte, in sua palese assenza.

Dov’è andato il tipo? Ho semplicemente assistito a un cambio turno o il vagone è rimasto in balia del conducente fantasma? È sceso perché un collega gentile gli ha dato un passaggio fino a casa o lo ha fatto invece per dare inizio a uno sciopero o per compiere un singolo, ma eclatante gesto rivoluzionario?

Non saprei dire, ma di una cosa sono sicura: se fossi a Roma, in questo momento non mi perderei in questo genere di domande sui massimi sistemi.

Se fossi a Roma, in questo momento sarei semplicemente terrorizzata per i poveri passeggeri a bordo di un treno senza conducente (e non della linea C.)

Se fossi a Roma, mi chiederei quanto ci metterebbe il convoglio a spuntare all’improvviso nel luogo sbagliato: in genere la talpa sotterranea della Banda Bassotti sbuca in mezzo al deposito di Zio Paperone, quel treno senza conducente probabilmente sbragherebbe le Catacombe di San Callisto.