Cara Giulia,
mi chiamo Diana, ho parecchi anni più di te, non vivo a Roma pur essendoci nata e cresciuta e nella storia che sto per raccontarti mi sono sentita tanto Mrs Daisy, la singolare vecchietta di quel film di tanti anni fa… A spasso con Daisy.
Ero a Prati, in un pomeriggio d’estate.
Mi aggiravo, con aria trasognata e a tratti persa, tra vie alberate e stradine a me ormai ignote. Mi rendevo conto che il mio incedere e il mio portamento mi conferiscono una dignità e una fierezza quasi d’altri tempi ma, a voler essere sinceri, resta il fatto che io non avessi la minima idea di dove fossi finita.
Per raggiungere il luogo dove alcune amiche mi attendevano, sapevo di dover prendere un autobus. Non sapevo quale, però, né dove si trovasse la fermata e neanche quanto potesse tardare la vettura.
Oltre il danno anche la beffa, non ne vedevo passare neppure uno lungo il cammino.
(Buon Dio, che tempi. Il nostro mondo sta andando a rotoli. Prima o poi, non saremo più degni di indossare la definizione di società civilizzata.)
Mi muovevo lentamente, un passo timoroso dopo l’altro verso Piazza Cavour, lasciandomi alle spalle la fermata della metro Lepanto che pure poteva essere un’opzione per raggiungere lidi a me più familiari. Visto che le amiche mi avevano consigliato di prendere l’autobus, io l’autobus avrei preso. Era l’unica indicazione certa in mio possesso e non avevo alcuna volontà di ignorarla.
Dopo qualche minuto di cauta passeggiata solitaria, ecco profilarsi all’orizzonte la silhouette di una ragazza a cui ho rivolto gentilmente un cenno della mano destra.
“Mi scusi, signorina. Ho bisogno di un’indicazione. Forse lei potrebbe aiutarmi…”
“Mi dica, signora. Se posso, volentieri.”
Mi veniva ripetuto sovente, da bambina.
Ad essere gentile con gli altri, riceverai sempre gentilezza in cambio.
(Certo, forse non a Roma, a Termini e all’ora di punta…. ma questo non potevo saperlo.
Fortunatamente, avevo bisogno di un autobus e non della metro.)
Ho spiegato alla gentile fanciulla la mia incerta situazione, elencando con diligenza il mio punto di partenza, la meta da raggiungere, la vettura che mi è stato suggerito di prendere e le mie difficoltà nel seguire le istruzioni attraverso le terre ignote di Roma Nord.
La fanciulla ha deciso di aiutarmi, spiegandomi che a volte, per fortuna, basta uno smartphone per accelerare il processo di soluzione di un problema: applicazione per il trasporto pubblico, numero dell’autobus, numero di fermata, un paio di clic et voilà… Nessun autobus in arrivo!
(Roma è sempre Roma. Non c’è niente da fare e non è sempre totalmente positivo che la chiamino Città Eterna.)
“Signora, se vuole l’accompagno a piedi alla stazione dei taxi. Non è lontana da qui e vado da quella parte.”
Il mio sorriso a quella proposta è un cenno di assenso che sfiora la poesia vera. E quanto segue è una conversazione amabile, di quelle che nascono solo alle cinque davanti a un buon tè, servito su un tavolino basso con la tovaglia ricamata.
…qual è il tuo nome, ma che bella borsa, da dove vieni, dove vivi, che lavoro fai…
“Ma davvero? Anche mio fratello ha lavorato lì per un periodo!”
…e in quale ufficio, con che mansioni, quanto è durato il suo incarico, qual è il suo nome…
“Ma davvero? L’ho conosciuto, mi ricordo di lui!”
…e in che occasione, che bel ricordo, ma guarda tu il caso, me lo saluta, non mancherò.
“Arrivederci e a presto, cara. È stato un vero piacere.”
“Anche per me, Mrs. Daisy. Ecco il suo taxi, faccia buon viaggio.”
Eh sì, il taxi. Perché in questa città che quando vuole è talmente piccola che tutti si conoscono, l’autobus che attendevo nei panni di Mrs. Daisy, tristemente, non è mai passato.
Con affetto,
Mrs Daisy
Cara Mrs Daisy (va bene se ti chiamo così, vero?), trovo il tuo racconto esemplare. Spiega infatti che girare per Roma quando non si è pratici può essere davvero complesso e che quando aspetti un autobus e sei di fretta sicuramente non passerà mai. Allo stesso tempo, però, spiega anche che veramente tutte le strade portano a Roma, che veramente qui in città ci conosciamo tutti e soprattutto che – anche se a volte non sembra – siamo sempre pronti a darci una mano.
In un modo o nell’altro, a Roma a piedi non ci resta mai nessuno. Capito?
Un caro saluto,
Giulia sotto la metro