(Solo in questo caso e in via del tutto eccezionale, Giulia smette di essere Sotto la Metro e diventa Giulia e basta. Giulia che ha una meravigliosa cugina adolescente di nome Martina, Giulia che si commuove quando la piccola le annuncia di aver vissuto una strana avventura in metropolitana, Giulia che ascolta il racconto e scopre – per l’ennesima volta – che questo mondo è veramente troppo piccolo.)
M: Giulia, lo sai che domenica per andare alla mostra siamo andati in metro?
G: E come mai questa pazzia, amore di casa?
M: Perché eravamo tanti, avremmo dovuto prendere più di una macchina e non avremmo mai trovato parcheggio. Io l’ho detto a papino che tu non saresti stata d’accordo…
G: E lui che ha detto?
M: Che quando compio 18 anni e prendo la patente, faccio come mi pare. Ma finché la macchina la guida lui, mi attacco.
G: Ragionamento ineccepibile. E com’è andato il viaggio?
(Hai visto mai che per una volta non è successo niente e magari non c’è un bel ciufolo da raccontare.)
M: Lascia perdere. Ora ti racconto tutto…
(Ok. Come non detto.)
G: Sono tutta orecchi! Parti dall’inizio e fammi sognare!
M: Allora, vediamo un po’… Siamo saliti a Ponte Lungo e dovevamo scendere a Flaminio. Quando è arrivata la metro, siamo entrati ma – come avevo immaginato – di posti a sedere non ce n’era nemmeno l’ombra. Così, ho messo le cuffiette e ho iniziato ad ascoltare un po’ di musica.
(Stava ascoltando i Green Day, non c’è neanche bisogno che di chiederglielo: è più fan lei adesso di me all’ultimo anno del liceo!)
M: Me ne stavo lì per i fatti miei, quando all’improvviso mi sono accorta che una signora mi stava fissando di brutto.
G: Ah sì, e perché? Avevi fatto qualcosa di strano?
M: Io? No… Al massimo ero vestita da metallara, ma come al solito.
(Beata innocenza. È ciecamente convinta che un paio di jeans neri strappati e un chiodo di H&M dichiarino la sua appartenenza ai metallari, stirpe a cui da qualche anno è si unito con fierezza suo fratello maggiore. La verità, però, è che la borsetta dei Green Day in cui tiene il cellulare, e da cui non si separa mai, la identifica al 100% come punkettona in erba.
Io so che è giusto così, che quella è la sua natura, ma aspetto che lo scopra da sola.)
M: Ti giuro, Giulia, mi guardava fisso come se avesse visto un alieno e invece… ero io che avrei dovuto fissare lei!
G: Perché? Era lei quella strana?
M: E parecchio, pure! Avrà avuto almeno 70 anni, ma era vestita e truccata in un modo alquanto discutibile…
(Giuro, parole sue!)
M: Era tutta rifatta, aveva il rossetto fuxia, i capelli biondo platino, un cappello più o meno dello stesso colore del rossetto e per completare il quadro una lunghissima pelliccia leopardata. E fissava me: ma ti pare normale?
(Cavolo, questa strana tipa mi ricorda tanto qualcuno… non posso esimermi dall’indagare.)
G: No. Ma dimmi un po’, era sola o con un’amica?
M: Con un’amica. Come lo sai?
G: Diciamo che ho tirato a indovinare. E anche l’amica era vestita come lei?
M: Sì, era solo un po’ più bassa…
(Ecco. Guarda se non mi sono sbagliata, eh.)
G: E dimmi un po’. Lo sai chi è Amanda Lear? Le somigliava un po’?
M: Sì! Ora che mi ci fai pensare, era lei… identica! Ma la conosci?
(Eh. C’è solo una persona al mondo che può corrispondere a una descrizione come quella che mi ha appena fatto Martina, amica compresa.
Una sola.
E io sto per rimanere senza parole.)
G: Temo di sì. Ma com’è andata a finire la storia?
M: Beh, ormai la situazione stava diventando piuttosto imbarazzante. Lei continuava a fissarmi senza distogliere un attimo lo sguardo ed io che a tratti la guardavo per poi abbassare lo sguardo facendo finta di nulla. Per fortuna, a Termini è si liberato un posto dietro di me e mi ci sono catapultata.
G: Ti sei nascosta, eh?
M: Ovvio, tutto pur di uscire da quella situazione.
G: E hai fatto bene. Lo sai perché? Perché quella era una mia professoressa del liceo. Ora, tu sei scesa a Flaminio e non lo puoi sapere, ma se fossi rimasta a bordo l’avresti vista scendere con la sua amica a Lepanto per il loro shopping settimanale in via Cola di Rienzo. Per tua fortuna, però, sei scesa prima perché se avesse intuito che il tuo cognome è Soi ti avrebbe inchiodato al muro e ti avrebbe chiesto tutta la declinazione del pronome personale di seconda, in particolare il dativo.
M: Giulia… non ho capito cos’hai detto.
G: Niente di particolare, amore di casa, ma se riesci… non lo fare, il liceo classico. O, in caso, cambia cognome!
[Per eventuali delucidazioni su ciò che unisce disgraziatamente il mio cognome alla grammatica greca:
http://www.tradurreantico.it/greco/grammatica-greca/morfologia/pronome/pronomi-personali-greci/ ]