Fabrizio Patriarca è l’editor letterario con cui la versione umana di Giulia sotto la metro ha
avuto il piacere di collaborare per tutto il 2017, nonché l’autore di Tokyo transit (edito da 66 th
and 2 nd ), un libro che parla del Giappone, di Tokyo, di storie familiari e anche di metropolitana.
Questo è il resoconto della volta in cui ci siamo messi a chiacchierare del nostro… territorio
comune.
GSM: Fabrizio, ho finito il tuo libro…
FP: Ci hai messo un po’, Giulietta, eh?
GSM: Colpa del dizionario.
FP: Nel senso che è caduto sul mio libro e non riuscivi a spostarlo perché era troppo pesante?
GSM: No, nel senso che il tuo libro è pieno di parole che non conosco e ogni volta che ne
incontravo una dovevo andarne a cercare il significato e questo ha allungato i tempi di lettura.
(Per quanto contorto, trattasi di complimento. Fabrizio, però, è uomo di mondo e lo capisce
subito. Infatti si mette a ridere.)
GSM: Certo che sono matti, i giapponesi, eh?
FP: E lo dici a me? Alla fine della stesura ho quasi rivalutato i romani…
GSM: Non ne dubito! Se non fosse per il fatto che ci ha già pensato il tuo libro, dovrei scriverci
su qualcosa anche io. Che ne so, romani in Giappone, Roma vs. Tokyo, Tokyo sotto la metro. Eh,
che dici?
(Dopo aver scritto insieme a lui per un anno, ormai ho una specie la sindrome di Stoccolma:
chiedo permessi e pareri anche prima di scrivere la lista della spesa!)
FP: Dico che dovresti. Sotto la metro, a Tokyo, ne puoi vedere di tutti i colori!
GSM: E dal tuo libro me ne sono accorta. Non parlo per evitare spoiler, ma già il fatto che ci sia
Doraemon ovunque mi sembra un ottimo inizio.
FP: E non sai il resto… sai che mi è successo una sera?
GSM: Non vedo l’ora di scoprirlo. Anzi, guarda, prendo subito appunti!
(Eh, no. Non c’è niente da fare. Prendi chiunque – insegnanti e bambini, politici e poliziotti,
manager e scrittori – prendi chi vuoi: parlagli della metropolitana e aspetta un istante. Nessuno
resisterà mai alla tentazione di raccontarti la sua personale avventura sotto la metro. In fin dei
conti, l’ho imparato da Michael J. Fox giusto una trentina d’anni fa: cos’è questo se non il segreto
del mio successo?)
FP: Ero in giro per il centro di Tokyo con un amico. Si stava facendo tardi e abbiamo deciso di
prendere la metropolitana per rientrare. Perché sai… lì la metro funziona sempre e sempre
bene. Mica come a Roma…
GSM: Ah, dillo a me! E a bordo dei vagoni? Si assiste alla stessa insostenibile leggerezza
dell’essere che mettiamo in scena ogni giorno lungo i binari del trasporto pubblico o le cose
vanno un po’ meglio?
FP: Dipende dai punti di vista, te l’ho detto che i giapponesi sono un po’ svitati. Per esempio,
quella sera, seduta davanti a me e al mio amico c’era una ragazza.
GSM: Era normale?
FP: Non lo so, perché dormiva.
GSM: Come, dormiva?
FP: Sì! E di brutto, pure…
GSM: Si vede che lì la metro non fa certe frenate o sterzate brusche come quelle che fa da noi
tra Spagna e Termini. Perché lì… altro che dormire, devi ringraziare il cielo se non ti schianti
contro le porte a vetri ogni due per tre!
FP: Secondo me la tipa avrebbe resistito anche alle curve di Spagna, perché ti giuro che il mio
amico e io ci abbiamo provato in ogni modo a svegliarla. Urla, canzoni, rumori… niente! Lei
continuava a dormire come un angioletto.
GSM: Capirai, a Roma io non lo farei mai… metti che veramente riesco a rimanere
addormentata, nessuno se ne accorge e io rimango lì fino a fine giornata? Mi sveglierei da sola
nel deposito ATAC e a quel punto Stranger things diventerebbe una barzelletta, al confronto.
FP: Ecco. Quel rischio, la tipa non lo poteva correre.
GSM: Perché i depositi della metro giapponesi sono alberghi a cinque stelle con l’all inclusive,
la piscina e il casinò?
FP: No, perché all’improvviso – giusto un paio di secondi prima che arrivasse la sua fermata –
la tipa si è svegliata.
GSM: Prego?!
FP: Hai capito bene. Sembrava un automa, un droide, una specie di creatura telecomandata
dio solo sa da chi. Era lì, completamente addormentata e insensibile a qualsiasi tipo di
richiamo, stavo quasi iniziando a credere che se il mondo si fosse fermato in quell’istante lei
non se ne sarebbe mai accorta e invece…
GSM: …e invece?
FP: E invece all’improvviso i suoi occhi si sono aperti. Di scatto. E, come se niente fosse, ha
guardato davanti a sé, ha preso le sue cose e si alzata. Giusto in tempo perché le porte della
metro si aprissero davanti a lei per lasciarla uscire.
GSM: Non ho parole.
FP: Non le ho avute neanche io, sul momento. Poi però ho capito una cosa…
GSM: …che i giapponesi sono gli unici esseri umani con la possibilità di impostare il navigatore
interno con il pilota automatico?
FP: Esatto, anche se io l’avrei detto diversamente.
(E in effetti, l’ha detto. Perché con tutt’altra maestria, nel suo libro Fabrizio parla di quella
“vocazione tutta giapponese a lasciarsi portare da un’autorità superiore, fosse anche una gelida
rete di computer o un milionario assassino dalla barba lanuginosa.” Bello, eh? Ma grazie al
ciufolo, lui fa la scrittore… io sono Giulia e mi limito a stare Sotto la Metro. D’altronde, che ci posso fare? Mi disegnano così!)