Oggi è giornata di mete esotiche: insieme alla mia collega Denise, da Termini affrontiamo gli impervi binari della linea B, dirette verso San Paolo. Per noi che abbiamo trovato posto a sedere non appena salite a bordo la partenza è ottima; lo è un po’ meno per una donna che, accucciata sulle caviglie, cerca di leggere un giornale in barba a curve, scossoni e anche alla perplessità di Denise (al posto suo, sostiene la mia collega, direbbe tristemente addio alle rotule nel giro di una manciata di secondi.)
Alcune fermate dopo, complice il flusso di passeggeri in entrata e in uscita a Garbatella, si libera un posto accanto a noi: ratta e fulminea, la donna scatta a sedercisi.
(E il che mi pare un dato mirabile, dato che negli ultimi dieci minuti é stata seduta più o meno come E.T. nel cestello della bicicletta e beata lei se le articolazioni le reagiscono tanto rapidamente alla sua età, che non so quale sia ma sicuramente non è più scolare da tempo.)
Passano un paio di istanti e poi inizia il classico spettacolo di arte varia – e poco comprensibile – che a volte la metro di Roma offre cortesemente aggratise.
“Oh, ma fa freddissimo!” È Denise, che la nostra amica E.T. apostrofa vivacemente. “Non senti freddo anche tu?”
“No, signora.” Le risponde lei, timida ma cortese. “Però in effetti sono molto coperta.”
La risposta è ineccepibile, ma per lei a quanto pare non è sufficiente.
“Signora!” Chiede infatti a voce più alta alla nonnina seduta accanto alla mia povera collega perplessa. “Ma lei non sente freddo?”
“Ma no…” risponde la vecchina. “Oggi fa caldo, dai… certe volte è molto peggio.”
“Aho, sarà… ma io me sto a morì…”
(Rettifico: questa non è E.T. È un disco rotto, che tra un po’ – se non tace – finirà a rompere anche qualcosa di molto delicato e fragile. Tipo i coglioni degli astanti, che sicuramente non staranno meglio delle sue rotule di poco prima.)
“Comunque” prosegue Disco Rotto, che da questo momento si candida ad essere l’erede diretta del mai troppo compianto colonnello Bernacca, storico meteorologo della tv. “Negli ultimi giorni le temperature si sono abbassate tantissimo.”
“Beh si…” mi azzardo ad intervenire anche io, forse perché incapace di ignorare le urla interiori della mia laurea in climatologia. “In effetti, da ieri fa più freddo.”
La nonnina, giustamente all’oscuro dei miei trascorsi accademici, non vede in me nessuna forma di autorevolezza e non si lascia convincere: “Ma no, che dite! Non fa per niente freddo!”
Siamo di fronte ad un’impasse evidente. D’altronde, però, ai giorni nostri lo sanno tutti: quando non si riesce a risolvere un conflitto per mancanza di autorevolezza delle fazioni coinvolte, c’è solo un imparziale giudice a cui fare ricorso. Solo uno è l’arbiter, infallibile e universalmente riconosciuto, che ha il potere di mettere d’accordo tutti i contendenti.
“Vabbè, scusa: vediamo che dice il meteo di Google!” Sentenzia Disco Rotto tirando fuori il cellulare, che per oggi annuncia: massima 15, minima 7.
(E niente, cara amica Disco Rotto: Google te le ha messe in quel posto, le previsioni del tempo.)
La nonnina ci mette un istante a rimarcare la sua schiacciante vittoria: “Visto che non fa freddo? Ci sono 15 gradi… pure il telefono lo ha detto! E allora!”
Avesse avuto l’accento milanese, l’avremmo potuta tranquillamente scambiare per Mara Maionchi in certe puntate di X Factor di quest’anno (soprattutto quelle in cui Anastasio ha cantato i Pink Floyd, ma questa è un’altra storia che non c’entra granché…); qui abbiamo a che fare con una romana vetusta quanto verace che, nonostante l’evidenza dei fatti, non ha la minima intenzione di mollare l’osso. E così – tra 8 gradi/15 gradi… non è freddo/ma non è neanche caldo… ma io ho freddo/ ma guarda che è inverno ed è pure normale – Denise e io contiamo gli istanti che ci separano dalla nostra destinazione, visto che l’invisibilità istantanea non riusciamo a reperirla facilmente. Per mettere la giusta distanza tra noi due e il dibattito meteorologico a cui forse Disco Rotto e la nonnina accaldata non porranno mai più fine, Denise e io decidiamo di concentrarci sui nostri cellulari e sbrigare alcune questioni lavorative rimaste in sospeso.
(Non l’avessimo mai fatto: coi telefoni finisce peggio che col clima. E in effetti avremmo dovuto prevederlo.)
Disco Rotto riparte alla carica, dimenticandosi del freddo che ha patito fino a un attimo fa. “Wow! Ma che bello questo telefonino!” Esclama entusiasta all’indirizzo di Denise. “Peccato solo che lo schermo è rotto…” Sarebbe stato più saggio annuire e glissare, vista la resistenza eristica della qui presente. Oppure chiosare con un efficacissimo d’altra parte è così che – com’è noto – funziona sempre. E invece, purtroppo, Denise sceglie di rispondere.
“No… è solo la protezione ad essere rotta, sotto il telefono è integro.”
(E dai, che si riparte! Ma quando arriva San Paolo? Eh?)
Per Disco Rotto si apre un nuovo universo di domande da fare a raffica: “Ma è proprio bello, veramente! Quanto l’hai pagato?”
E Denise: “Sai che non mi ricordo precisamente?”
E ancora Disco Rotto: “Trecento euro?”
E poi di nuovo Denise: “No, no. Questo è un iPhone, quindi costa di più.”
E poi ancora Disco Rotto.: “Ah, ok. Tre e cinquanta?”
E infine, grazie a Dio, l’altoparlante: “Prossima fermata, basilica San Paolo”
A questo punto, non ci resta che scappare di corsa prima che Disco Rotto scelga di scendere con noi e continuare l’interrogatorio senza fine.
Ché io so’ bona e cara, ma prima o poi una forchettata di cazzi suoi finisce che gliela offro.
(Tratto da una storia realmente accaduta a Denise N., membro dello staff di “Giulia sotto la metro”)