Che i binari metropolitani diventino inesauribile fonte di sorprese proprio quando meno ce lo aspettiamo, ormai non è una novità. Il punto, però, è che non sai mai quando stiano per arrivare, queste benedette sorprese, e quali sembianze potrebbero prendere.
È questo il caso dell’avventura vissuta dalla mia amica Marta e dalla sua coinquilina.
In un’umida giornata di pioggia, mi racconta Marta, le due ragazze viaggiavano in attesa della propria fermata, disquisendo (signora mia!) sui prezzi dei surgelati.
(Beh, che c’è? A voi non capita mai di disquisire sui prezzi dei surgelati, mentre un evento imprevisto sta per sconvolgere la vostra giornata? Male. Dovreste.)
Insomma, se ne stanno lì assorte, Marta e la sua amica, nel tentativo di comparare la convenienza del filetto di spigola con il trancio di pesce spada, quando all’improvviso una sottile ma decisamente percettibile tensione fa vibrare l’aria – pestilenziale, manco a dirlo – del vagone. Movimenti rapidi fra le persone, occhi che guizzano furtivi, fermento davanti alla porta.
Ecched’è, avrebbe detto l’indimenticabile Anna Marchesini, ‘no zingaro?
No.
Ah, no. Signore e signori: niente affatto.
Ci pensa la coinquilina di Marta a contraddire la facile illazione. L’aria incredula e lo sguardo ammiccante, inizia a fare dei visibili cenni verso la persona che si è appena seduta tra Marta e quella porta che, solo pochi attimi prima, in molti stavano guardando.
“E chi era?” Chiedo a Marta, mentre il suo racconto mi incuriosisce sempre di più.
“Ettore Ferri!” Me lo dice come se stessimo parlando del Presidente della Repubblica, ma io non ho la più pallida idea di chi sia. Quindi, per non deludere le aspettative, taccio, annuisco e continuo ad ascoltare perché, a quanto pare, quello seduto accanto alla mia amica Marta è un mitologico personaggio di CentoVetrine… morto e risorto almeno due volte!
Chiaramente, quello dentro la metro è l’attore, non il personaggio – si premura immediatamente di aggiungere Marta – ma a lei del suo nome vero non interessa neanche un po’. Perché per lei, lui è e rimarrà sempre l’idolatrato Ettore Ferri e quindi così sarà anche per me, perché figurati se vado a cercarlo su internet.
(Premetto che io, pur facendo il lavoro che faccio, da qualche anno non guardo molto la televisione. Quindi, a parte Maria De Filippi, Carlo Conti e Chef Rubio, sono veramente poche le personalità del piccolo schermo che nella mia mente abbiano ancora un volto e un’identità correlati. Con questo non voglio affatto sminuire l’importanza del Cav. Ferri, chiunque egli sia. Al fine di mantenere alto il mio coinvolgimento nella storia, mi limiterò a fingere che Marta stia parlando di Mick Jagger. O forse di Michael Fassbender, ché anche l’occhio vuole la sua parte.)
In pratica, nella mente di Marta, il viaggio in metro in un giorno di pioggia si è trasformato a tutti gli effetti in un’incursione nel set della sua amata, gloriosa (e defunta) soap opera in cui lei è destinata ad avere presto un ruolo principale. Almeno in questa puntata.
(Detto tra noi, meno male che una cosa del genere le sia capitata in mia assenza. Perché conoscendomi io mi sarei girata verso il cav. Ferri e gli avrei teso la mano dicendo: Ciao, sono bella figheira! Ma quella sarebbe un’altra storia che, con buona pace di Nostra Signora Marchesini delle Telenovelas, vi potrei raccontare un’altra volta.)
Ciak dopo ciak, posa dopo posa, mentre CentroVetrine nella mente di Marta torna a vivere e a mietere sospiri e batticuori da parte delle spettatrici, si avvicina il momento di scendere. Insieme alla sua coinquilina, entrambe cariche di buste, borse, tracolle e ombrelli, si avviano verso la porta di uscita. Cercando a stento un passaggio in quell’affollato Mar Rosso che quotidianamente ognuno di noi è costretto ad attraversare più volte, Marta si scopre nitidamente a pensare: “Sai che vergogna se proprio ora cadessi a terra?”
…Che poi, a ben guardare, è proprio la classica cosa che una pensa quando si trova a passare in metro davanti a un idolo delle telenovelas, giusto un attimo prima che la metro si produca in quelle frenate traditrici da manuale che ti fanno perdere l’equilibrio, spesso con esiti devastanti.
E’ tutto un attimo. (cit. Anna Oxa)
Fungo cruento, cupola, gran fumata. (cit. Pablo Neruda)
E ciò che resta dopo la brusca frenata, è Marta ruzzolata in terra ai piedi del Cav. Ferri con tanto di buste, tracolle, ombrelli e depliant dei surgelati in offerta.
(Ecchedè, disse Lucia, la fine del mondo? Nostra Signora Marchesini delle Telenovelas avrebbe commentato così. Ne sono sicura.)
Marta in terra vuole piangere. La sua coinquilina non sa più come fare per smettere di ridere. Ettore Ferri, uomo di polso e dalle maniere galanti anche nella sua versione metropolitana, si alza all’istante, aiuta Marta a raccogliere tutte le sue cose – sparse ormai alla rinfusa lungo l’intera tratta Battistini/Anagnina – e a riacquistare la posizione eretta.
Lo so, molti di voi ora si aspetteranno un bacio appassionato e il gancio bastardo alla prossima puntata in cui – si intuisce – Marta e il Cav. Ferri intraprenderanno una piccante e rischiosa relazione clandestina che potrebbe addirittura mettere a repentaglio l’impero finanziario del Cav. medesimo.
Ahimè, dovrò deludervi.
Perché Marta, ma datele torto… santa pace, non sapendo più dove recuperare la dignità perduta, si sbriga a fuggire dal vagone senza neanche dire grazie.
Brutto, lo so, ma io sto con lei: quando ho incontrato a Flaminio il mio idolo pallavolistico Andrea Lucchetta, non sono riuscita neanche ad avvicinarmi per chiedergli un autografo. Quindi, che parlo a ffà?
(Tratto da una storia realmente accaduta a Marta B., lettrice di “Giulia sotto la metro”)